Nuovi dati diradano la nebbia del long Covid

Uno studio di recente pubblicazione identifica quattro quadri...

Nuovi dati diradano la nebbia del long Covid

Uno studio di recente pubblicazione identifica quattro quadri clinici della sindrome post-Covid e conferma il ruolo protettivo di vaccinazione, anticorpi monoclonali e corticosteroidi

Nuovi dati diradano la nebbia del long CovidIl long COVID (post-COVID-19 syndrome, PCS) è una complessa condizione clinica i cui meccanismi patogenetici non sono ancora del tutto compresi e che si stima abbia colpito 65 milioni di pazienti in tutto il mondo. La definizione utilizzata fino ad oggi è quella dell’Organizzazione Mondiale della Sanità basata sulla comparsa di sintomi a distanza di circa tre mesi da un’infezione acuta da SARS-CoV-2 che possono essere persistenti, fluttuanti o recidivanti, e che non possono essere spiegati con una diagnosi alternativa. Ad oggi sono stati descritti oltre 200 sintomi attribuibili al long COVID, i più comuni dei quali risultano essere l’astenia, i dolori muscoloscheletrici, i deficit della concentrazione e della memoria a breve termine e i disturbi respiratori, inclusi affanno e tosse persistente. La natura aspecifica della sintomatologia e delle sue modalità di presentazione non ne rende possibile una caratterizzazione puntuale né il suo corretto inquadramento diagnostico. Da ciò deriva una limitazione sostanziale della possibilità di condurre studi con lo scopo di migliorare la gestione clinica dei pazienti e sviluppare nuovi farmaci.

Nell’ambito del progetto ORCHESTRA (Connecting european cohorts to increase common and effective response to SARS-CoV-2 pandemic), coordinato dall’Università degli Studi di Verona e finanziato con fondi europei del programma Horizon 2020, è stato condotto, da febbraio 2020 a giugno 2022, uno studio (1) prospettico multicentrico su pazienti con infezione da SARS-CoV-2 seguiti con visite cliniche e prelievi di laboratorio a 3, 6 e 12 mesi dalla diagnosi. Sono state valutate le caratteristiche cliniche e biochimiche, la risposta degli anticorpi, le varianti virali di interesse (VoC) e la qualità della vita (QoL) fisica e mentale dei pazienti. L’obiettivo principale è stato identificare i fattori di rischio e protettivi per l’insorgenza della sindrome long COVID in base alle caratteristiche del paziente e delle comorbidità, alla gravità della malattia COVID-19, al trattamento e allo stato di vaccinazione.

I risultati permettono di affermare che la sindrome long COVID può essere classificata in base alla combinazione di sintomi, con un diverso impatto sulla QoL fisica e mentale e differenti meccanismi patogenetici, come dimostrato dall’analisi dei fattori di rischio e di protezione associati a ciascun quadro clinico e alla sindrome long COVID grave.

Tra i 1796 pazienti arruolati, 1030 (57%) presentavano almeno un sintomo riconducibile alla sindrome long COVID a distanza di 12 mesi.

Sono stati identificati 4 fenotipi clinici: sindrome da fatigue cronica (CFs: affaticamento, cefalea e perdita di memoria, 757 pazienti, 42%), sindrome respiratoria (REs: tosse e dispnea, 502, 23%); sindrome da dolore cronico (CPs: artralgia e mialgia, 399, 22%); e sindrome neurosensoriale (NSs: alterazione del gusto e dell'olfatto, 197, 11%).

I fattori determinanti dei fenotipi clinici erano diversi (tutti i confronti p < 0,05): il sesso femminile aumentava il rischio di CP, NS e CF; le malattie polmonari croniche di RE; i sintomi neurologici alla diagnosi di SARS-CoV-2 di RE, NS e CF; l'ossigenoterapia di CF e RE; i sintomi gastrointestinali alla diagnosi di SARS-CoV-2 di CF. Il trattamento precoce dell'infezione da SARS-CoV-2 con anticorpi monoclonali (tutti i fenotipi clinici), la terapia con corticosteroidi per i casi lievi/severi (NS) e la vaccinazione contro SARS-CoV-2 (CP) avevano minori probabilità di essere associati alla PCS (tutti i confronti p < 0,05). La maggiore riduzione della QoL è stata rilevata nei RE e nei CP (43,57 e 43,86 vs 57,32 nei controlli PCS-negativi, p < 0,001). Il sesso femminile (p < 0,001), i sintomi gastrointestinali (p = 0,034) e le complicazioni renali (p = 0,002) durante l'infezione acuta hanno probabilmente aumentato il rischio di PCS grave (QoL <50). La vaccinazione e il trattamento precoce con anticorpi monoclonali hanno ridotto il rischio di PCS grave (p = 0,01 e p = 0,03, rispettivamente).

Evelina Tacconelli, coordinatrice del progetto, sottolinea che “i risultati hanno permesso l’identificazione di un long COVID grave che, a 12 mesi dalla infezione da SARS-CoV-2 vede la persistenza di sintomi respiratori associati ad astenia e dolore cronico. Come dimostrato da questionari specifici, la qualità di vita di questi pazienti è devastata. Le donne purtroppo hanno un rischio 3 volte maggiore degli uomini di long COVID grave. Essere stati vaccinati riduce il rischio di affaticamento e dolore cronico e di long COVID grave”.

Questi risultati possono inoltre contribuire alla progettazione di studi sulla patogenesi e alla selezione di pazienti ad alto rischio per includerli in studi clinici di nuovi farmaci per la cura del long COVID. Inoltre, potrebbero supportare campagne di sensibilizzazione ed orientare le politiche sanitarie per il controllo del COVID-19.

 

1. Gentilotti E, Górska A, Tami A, et al. Clinical phenotypes and quality of life to define post-COVID-19 syndrome: a cluster analysis of the multinational, prospective ORCHESTRA cohort. eClinicalMedicine. 2023; Online first 102107. DOI: https://doi.org/10.1016/j.eclinm.2023.102107

Nuovi dati diradano la nebbia del long CovidIl long COVID (post-COVID-19 syndrome, PCS) è una complessa condizione clinica i cui meccanismi patogenetici non sono ancora del tutto compresi e che si stima abbia colpito 65 milioni di pazienti in tutto il mondo. La definizione utilizzata fino ad oggi è quella dell’Organizzazione Mondiale della Sanità basata sulla comparsa di sintomi a distanza di circa tre mesi da un’infezione acuta da SARS-CoV-2 che possono essere persistenti, fluttuanti o recidivanti, e che non possono essere spiegati con una diagnosi alternativa. Ad oggi sono stati descritti oltre 200 sintomi attribuibili al long COVID, i più comuni dei quali risultano essere l’astenia, i dolori muscoloscheletrici, i deficit della concentrazione e della memoria a breve termine e i disturbi respiratori, inclusi affanno e tosse persistente. La natura aspecifica della sintomatologia e delle sue modalità di presentazione non ne rende possibile una caratterizzazione puntuale né il suo corretto inquadramento diagnostico. Da ciò deriva una limitazione sostanziale della possibilità di condurre studi con lo scopo di migliorare la gestione clinica dei pazienti e sviluppare nuovi farmaci.

Nell’ambito del progetto ORCHESTRA (Connecting european cohorts to increase common and effective response to SARS-CoV-2 pandemic), coordinato dall’Università degli Studi di Verona e finanziato con fondi europei del programma Horizon 2020, è stato condotto, da febbraio 2020 a giugno 2022, uno studio (1) prospettico multicentrico su pazienti con infezione da SARS-CoV-2 seguiti con visite cliniche e prelievi di laboratorio a 3, 6 e 12 mesi dalla diagnosi. Sono state valutate le caratteristiche cliniche e biochimiche, la risposta degli anticorpi, le varianti virali di interesse (VoC) e la qualità della vita (QoL) fisica e mentale dei pazienti. L’obiettivo principale è stato identificare i fattori di rischio e protettivi per l’insorgenza della sindrome long COVID in base alle caratteristiche del paziente e delle comorbidità, alla gravità della malattia COVID-19, al trattamento e allo stato di vaccinazione.

I risultati permettono di affermare che la sindrome long COVID può essere classificata in base alla combinazione di sintomi, con un diverso impatto sulla QoL fisica e mentale e differenti meccanismi patogenetici, come dimostrato dall’analisi dei fattori di rischio e di protezione associati a ciascun quadro clinico e alla sindrome long COVID grave.

Tra i 1796 pazienti arruolati, 1030 (57%) presentavano almeno un sintomo riconducibile alla sindrome long COVID a distanza di 12 mesi.

Sono stati identificati 4 fenotipi clinici: sindrome da fatigue cronica (CFs: affaticamento, cefalea e perdita di memoria, 757 pazienti, 42%), sindrome respiratoria (REs: tosse e dispnea, 502, 23%); sindrome da dolore cronico (CPs: artralgia e mialgia, 399, 22%); e sindrome neurosensoriale (NSs: alterazione del gusto e dell'olfatto, 197, 11%).

I fattori determinanti dei fenotipi clinici erano diversi (tutti i confronti p < 0,05): il sesso femminile aumentava il rischio di CP, NS e CF; le malattie polmonari croniche di RE; i sintomi neurologici alla diagnosi di SARS-CoV-2 di RE, NS e CF; l'ossigenoterapia di CF e RE; i sintomi gastrointestinali alla diagnosi di SARS-CoV-2 di CF. Il trattamento precoce dell'infezione da SARS-CoV-2 con anticorpi monoclonali (tutti i fenotipi clinici), la terapia con corticosteroidi per i casi lievi/severi (NS) e la vaccinazione contro SARS-CoV-2 (CP) avevano minori probabilità di essere associati alla PCS (tutti i confronti p < 0,05). La maggiore riduzione della QoL è stata rilevata nei RE e nei CP (43,57 e 43,86 vs 57,32 nei controlli PCS-negativi, p < 0,001). Il sesso femminile (p < 0,001), i sintomi gastrointestinali (p = 0,034) e le complicazioni renali (p = 0,002) durante l'infezione acuta hanno probabilmente aumentato il rischio di PCS grave (QoL <50). La vaccinazione e il trattamento precoce con anticorpi monoclonali hanno ridotto il rischio di PCS grave (p = 0,01 e p = 0,03, rispettivamente).

Evelina Tacconelli, coordinatrice del progetto, sottolinea che “i risultati hanno permesso l’identificazione di un long COVID grave che, a 12 mesi dalla infezione da SARS-CoV-2 vede la persistenza di sintomi respiratori associati ad astenia e dolore cronico. Come dimostrato da questionari specifici, la qualità di vita di questi pazienti è devastata. Le donne purtroppo hanno un rischio 3 volte maggiore degli uomini di long COVID grave. Essere stati vaccinati riduce il rischio di affaticamento e dolore cronico e di long COVID grave”.

Questi risultati possono inoltre contribuire alla progettazione di studi sulla patogenesi e alla selezione di pazienti ad alto rischio per includerli in studi clinici di nuovi farmaci per la cura del long COVID. Inoltre, potrebbero supportare campagne di sensibilizzazione ed orientare le politiche sanitarie per il controllo del COVID-19.

 

1. Gentilotti E, Górska A, Tami A, et al. Clinical phenotypes and quality of life to define post-COVID-19 syndrome: a cluster analysis of the multinational, prospective ORCHESTRA cohort. eClinicalMedicine. 2023; Online first 102107. DOI: https://doi.org/10.1016/j.eclinm.2023.102107

Ultimo aggiornamento: 12 Gennaio 2024

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