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L’Istituto superiore di sanità ha descritto le manifestazioni...

ISS: indicazioni ad interim sui principi di gestione del Long-COVID

L’Istituto superiore di sanità ha descritto le manifestazioni cliniche che persistono anche una volta risultati negativi al coronavirus. Disponibile online il rapporto che fa il punto su sintomi e presa in carico dei pazienti.

ISS: indicazioni ad interim sui principi di gestione del Long-COVIDFatica, astenia, febbre, mialgie: sono questi alcuni dei sintomi del Long-COVID.  A distanza di oltre un anno dall’inizio della pandemia da SARS-CoV-2 un numero importante di persone colpite da COVID-19 presenta manifestazioni cliniche che non si esauriscono nelle prime settimane della fase acuta sintomatica, ma possono prolungarsi precludendo un pieno ritorno al precedente stato di salute. Questa condizione di persistenza di sintomi, che può riguardare soggetti di qualunque età e con varia severità della fase acuta di malattia, è stata riconosciuta come una entità clinica specifica, denominata appunto Long-COVID.

Questa condizione, sebbene ampia e variabile nella sintomatologia, ha richiesto la creazione di percorsi locali di diagnosi e assistenza basati su un approccio multidisciplinare. Nei mesi scorsi Fondazione GIMBE aveva realizzato la sintesi (qui disponibile) della linea guida elaborata dal National Institute for Health and Care Excellence (NICE) in collaborazione con lo Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN) ed il Royal Collage of General Practitioners (RCGP) per la diagnosi ed il trattamento della long term COVID-19.

Il rapporto dell’Istituto superiore di sanità (ISS) “Indicazioni ad interim sui principi di gestione del Long-COVID” sintetizza l’inquadramento attuale di questa nuova condizione e fornisce indicazioni generali per la sua presa in carico, in linea con le raccomandazioni fornite dall’Organizzazione mondiale della sanità.

Le manifestazioni cliniche del Long-COVID sono molto variabili e ad oggi non esiste un consenso sulle loro caratteristiche, poiché i sintomi attribuiti a questa condizione sono numerosi ed eterogenei e possono riguardare soggetti di qualunque età e con varia gravità della fase acuta di malattia. La mancanza di una definizione precisa di questa condizione e l’ampiezza dello spettro sintomatologico rendono difficile la valutazione epidemiologica. La grande variabilità di sintomi e segni clinici, infatti, possono presentarsi sia singolarmente che in diverse combinazioni. Possono essere transitori o intermittenti e possono cambiare la loro natura nel tempo, oppure possono essere costanti. In generale si considera che più grave è stata la malattia acuta, maggiore rischia di essere l’entità dei sintomi nel tempo.

Le possibili manifestazioni del Long-COVID, possono essere suddivise in due categorie: manifestazioni generali e manifestazioni organo-specifiche. Tra le prime vengono rilevate: fatica persistente/astenia, stanchezza eccessiva, febbre, debolezza muscolare, dolori diffusi, mialgie, artralgie, peggioramento dello stato di salute percepito, anoressia, riduzione dell’appetito, sarcopenia. Tra le seconde: problemi polmonari come dispnea, affanno e tosse persistente.

Tra gli altri sintomi sono descritti anche disturbi cardiovascolari, neurologici, gastrointestinali, psichiatrici.

La identificazione del paziente Long-COVID è molto importante. Proprio in considerazione della ampia gamma di sintomi e condizioni che lo caratterizzano, la valutazione delle persone affette da questa condizione deve essere multidimensionale e comprendere numerosi aspetti clinici, funzionali, cognitivi, psicologici e nutrizionali.

Appare fondamentale svolgere, infatti, una valutazione della storia clinica completa che comprenda:

  • storia di COVID-19 acuto (sospetto o confermato)
  • natura e gravità dei sintomi precedenti e attuali
  • tempistica e durata dei sintomi dall’inizio del COVID-19 acuto
  • storia di altre condizioni di salute
  • trattamento farmacologico attuale e pregresso
  • valutazione dei segni e sintomi specifici di Long-COVID
  • valutazione dell’impatto psicologico del COVID-19 e del Long-COVID, con particolare attenzione alla comparsa di sintomi di ansia, depressione e all’isolamento sociale
  • valutazione dell’impatto del COVID-19 e del Long-COVID sugli aspetti nutrizionali, le modifiche del peso corporeo e la perdita di interesse nel mangiare e nel bere, in particolare nelle persone anziane
  • valutazione della presenza di nuovi sintomi cognitivi o annebbiamento cerebrale (brain fog), utilizzando uno strumento di screening validato per valutare lo stato cognitivo

Questi elementi rappresentano un set minimo di valutazioni da svolgere nei pazienti che presentino o riferiscano segni o sintomi attribuibili al COVID-19 presenti per più di 4 settimane dall’infezione acuta.

Queste informazioni possono essere raccolte da operatori sanitari o tramite questionari autocompilati ed autogestiti dal paziente. Per le persone anziane o che possano avere difficoltà nel riferire segni e sintomi è importante coinvolgere nella valutazione un membro della famiglia o un caregiver.

Leggi il Rapporto completo

ISS: indicazioni ad interim sui principi di gestione del Long-COVIDFatica, astenia, febbre, mialgie: sono questi alcuni dei sintomi del Long-COVID.  A distanza di oltre un anno dall’inizio della pandemia da SARS-CoV-2 un numero importante di persone colpite da COVID-19 presenta manifestazioni cliniche che non si esauriscono nelle prime settimane della fase acuta sintomatica, ma possono prolungarsi precludendo un pieno ritorno al precedente stato di salute. Questa condizione di persistenza di sintomi, che può riguardare soggetti di qualunque età e con varia severità della fase acuta di malattia, è stata riconosciuta come una entità clinica specifica, denominata appunto Long-COVID.

Questa condizione, sebbene ampia e variabile nella sintomatologia, ha richiesto la creazione di percorsi locali di diagnosi e assistenza basati su un approccio multidisciplinare. Nei mesi scorsi Fondazione GIMBE aveva realizzato la sintesi (qui disponibile) della linea guida elaborata dal National Institute for Health and Care Excellence (NICE) in collaborazione con lo Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN) ed il Royal Collage of General Practitioners (RCGP) per la diagnosi ed il trattamento della long term COVID-19.

Il rapporto dell’Istituto superiore di sanità (ISS) “Indicazioni ad interim sui principi di gestione del Long-COVID” sintetizza l’inquadramento attuale di questa nuova condizione e fornisce indicazioni generali per la sua presa in carico, in linea con le raccomandazioni fornite dall’Organizzazione mondiale della sanità.

Le manifestazioni cliniche del Long-COVID sono molto variabili e ad oggi non esiste un consenso sulle loro caratteristiche, poiché i sintomi attribuiti a questa condizione sono numerosi ed eterogenei e possono riguardare soggetti di qualunque età e con varia gravità della fase acuta di malattia. La mancanza di una definizione precisa di questa condizione e l’ampiezza dello spettro sintomatologico rendono difficile la valutazione epidemiologica. La grande variabilità di sintomi e segni clinici, infatti, possono presentarsi sia singolarmente che in diverse combinazioni. Possono essere transitori o intermittenti e possono cambiare la loro natura nel tempo, oppure possono essere costanti. In generale si considera che più grave è stata la malattia acuta, maggiore rischia di essere l’entità dei sintomi nel tempo.

Le possibili manifestazioni del Long-COVID, possono essere suddivise in due categorie: manifestazioni generali e manifestazioni organo-specifiche. Tra le prime vengono rilevate: fatica persistente/astenia, stanchezza eccessiva, febbre, debolezza muscolare, dolori diffusi, mialgie, artralgie, peggioramento dello stato di salute percepito, anoressia, riduzione dell’appetito, sarcopenia. Tra le seconde: problemi polmonari come dispnea, affanno e tosse persistente.

Tra gli altri sintomi sono descritti anche disturbi cardiovascolari, neurologici, gastrointestinali, psichiatrici.

La identificazione del paziente Long-COVID è molto importante. Proprio in considerazione della ampia gamma di sintomi e condizioni che lo caratterizzano, la valutazione delle persone affette da questa condizione deve essere multidimensionale e comprendere numerosi aspetti clinici, funzionali, cognitivi, psicologici e nutrizionali.

Appare fondamentale svolgere, infatti, una valutazione della storia clinica completa che comprenda:

  • storia di COVID-19 acuto (sospetto o confermato)
  • natura e gravità dei sintomi precedenti e attuali
  • tempistica e durata dei sintomi dall’inizio del COVID-19 acuto
  • storia di altre condizioni di salute
  • trattamento farmacologico attuale e pregresso
  • valutazione dei segni e sintomi specifici di Long-COVID
  • valutazione dell’impatto psicologico del COVID-19 e del Long-COVID, con particolare attenzione alla comparsa di sintomi di ansia, depressione e all’isolamento sociale
  • valutazione dell’impatto del COVID-19 e del Long-COVID sugli aspetti nutrizionali, le modifiche del peso corporeo e la perdita di interesse nel mangiare e nel bere, in particolare nelle persone anziane
  • valutazione della presenza di nuovi sintomi cognitivi o annebbiamento cerebrale (brain fog), utilizzando uno strumento di screening validato per valutare lo stato cognitivo

Questi elementi rappresentano un set minimo di valutazioni da svolgere nei pazienti che presentino o riferiscano segni o sintomi attribuibili al COVID-19 presenti per più di 4 settimane dall’infezione acuta.

Queste informazioni possono essere raccolte da operatori sanitari o tramite questionari autocompilati ed autogestiti dal paziente. Per le persone anziane o che possano avere difficoltà nel riferire segni e sintomi è importante coinvolgere nella valutazione un membro della famiglia o un caregiver.

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Ultimo aggiornamento: 23 Settembre 2022

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