Il Piano nazionale cronicità compie cinque anni ma per...

Secondo l’Associazione che analizza l’attuazione delle...

Il Piano nazionale cronicità compie cinque anni ma per Salutequità è ancora troppo disatteso

Secondo l’Associazione che analizza l’attuazione delle politiche sanitarie e sociali il Piano è applicato a macchia di leopardo nelle Regioni ed il livello di attenzione al tema deve aumentare.

Il Piano nazionale cronicità compie cinque anni ma per Salutequità è ancora troppo disattesoIl Piano nazionale della cronicità (PNC) compie cinque anni. L'accordo venne firmato da Stato e Regioni il 15 settembre del 2016, ma secondo Salutequità, Associazione che analizza l’andamento e l’attuazione delle politiche sanitarie e sociali, è ancora troppo disatteso. Pertanto il livello di attenzione al tema deve aumentare, soprattutto alla luce degli investimenti sull’assistenza sanitaria territoriale previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e delle cure mancate dovute all’emergenza COVID-19.

In Italia le malattie croniche interessano circa il 40% della popolazione e rappresentano la principale causa di morte in quasi tutto il mondo, mentre in Europa si stima una spesa sanitaria intorno ai 700 miliardi di euro annui e sono la causa di circa l’86% dei decessi.

Secondo l’Istat è pari al 48,8% la quota over settantacinquenni con multicronicità (tre o più patologie croniche) o che ha gravi limitazioni nel compiere le normali attività quotidiane. Tale quota è più elevata per chi vive nel Mezzogiorno (56,9% rispetto al 44,6% nel Nord e al 47% nel Centro) e tra le donne (55% rispetto al 39,7% tra gli uomini) e raggiunge il 60,7% tra le persone di 85 anni e più (rispetto al 39,3% delle persone di 75-79 anni).

Il PNC, fortemente voluto dalle Associazioni di cittadini-pazienti che tanto hanno investito per scriverlo e facilitarne l’applicazione, vuole contribuire al miglioramento della tutela per le persone con malattie croniche rendendo più̀ efficaci ed efficienti i servizi sanitari in termini di prevenzione e assistenza e assicurando maggiore uniformità̀ ed equità̀ di accesso ai cittadini. Il tutto accompagnato da indicazioni circa il monitoraggio organizzato a più livelli: quello di livello centrale relativo al recepimento del Piano da parte delle Regioni; monitoraggio dei nuovi assetti organizzativi e operativi; la valutazione degli effetti dell’attuazione del Piano basata sugli outcome.

Ma l’attuazione del PNC procede con lentezza cronica.

Ci sono voluti sino a 3-4 anni per vedere recepito il piano nazionale da alcune Regioni con una Delibera.  Guardando invece a cosa è accaduto rispetto alla stratificazione e targeting della popolazione, uno dei pilastri della strategia del Piano, da una ricognizione effettuata sul web e da desk a cura di Salutequità, le Regioni che hanno comunicato provvedimenti o progetti su questo fronte ad oggi sembrerebbero essere Lombardia, Lazio, Liguria, Veneto, Puglia, Emilia-Romagna, Toscana, Trentino Alto Adige, Sardegna. Sono al lavoro Piemonte e Basilicata.

Ora su questa partita serve un cambio di passo – ha dichiarato Tonino Aceti, presidente di Salutequità – per passare da formalismi e burocrazie a veri e propri fatti concreti, in grado di cambiare realmente e in positivo l’assistenza garantita alle persone con malattia cronica. E per farlo serve un finanziamento specifico sfruttando l’opportunità offerta dalla prossima legge di Bilancio” dato che attualmente il Piano non conta su alcun finanziamento. Inoltre, secondo Aceti, è necessario “procedere con un suo aggiornamento viste anche tutte le innovazioni introdotte durante la pandemia e con una relazione del Ministero sul suo stato di attuazione. Quest’ultimi due aspetti erano già previsti nel Piano e in capo alla Cabina di regia”.

Il Piano nazionale cronicità compie cinque anni ma per Salutequità è ancora troppo disattesoIl Piano nazionale della cronicità (PNC) compie cinque anni. L'accordo venne firmato da Stato e Regioni il 15 settembre del 2016, ma secondo Salutequità, Associazione che analizza l’andamento e l’attuazione delle politiche sanitarie e sociali, è ancora troppo disatteso. Pertanto il livello di attenzione al tema deve aumentare, soprattutto alla luce degli investimenti sull’assistenza sanitaria territoriale previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e delle cure mancate dovute all’emergenza COVID-19.

In Italia le malattie croniche interessano circa il 40% della popolazione e rappresentano la principale causa di morte in quasi tutto il mondo, mentre in Europa si stima una spesa sanitaria intorno ai 700 miliardi di euro annui e sono la causa di circa l’86% dei decessi.

Secondo l’Istat è pari al 48,8% la quota over settantacinquenni con multicronicità (tre o più patologie croniche) o che ha gravi limitazioni nel compiere le normali attività quotidiane. Tale quota è più elevata per chi vive nel Mezzogiorno (56,9% rispetto al 44,6% nel Nord e al 47% nel Centro) e tra le donne (55% rispetto al 39,7% tra gli uomini) e raggiunge il 60,7% tra le persone di 85 anni e più (rispetto al 39,3% delle persone di 75-79 anni).

Il PNC, fortemente voluto dalle Associazioni di cittadini-pazienti che tanto hanno investito per scriverlo e facilitarne l’applicazione, vuole contribuire al miglioramento della tutela per le persone con malattie croniche rendendo più̀ efficaci ed efficienti i servizi sanitari in termini di prevenzione e assistenza e assicurando maggiore uniformità̀ ed equità̀ di accesso ai cittadini. Il tutto accompagnato da indicazioni circa il monitoraggio organizzato a più livelli: quello di livello centrale relativo al recepimento del Piano da parte delle Regioni; monitoraggio dei nuovi assetti organizzativi e operativi; la valutazione degli effetti dell’attuazione del Piano basata sugli outcome.

Ma l’attuazione del PNC procede con lentezza cronica.

Ci sono voluti sino a 3-4 anni per vedere recepito il piano nazionale da alcune Regioni con una Delibera.  Guardando invece a cosa è accaduto rispetto alla stratificazione e targeting della popolazione, uno dei pilastri della strategia del Piano, da una ricognizione effettuata sul web e da desk a cura di Salutequità, le Regioni che hanno comunicato provvedimenti o progetti su questo fronte ad oggi sembrerebbero essere Lombardia, Lazio, Liguria, Veneto, Puglia, Emilia-Romagna, Toscana, Trentino Alto Adige, Sardegna. Sono al lavoro Piemonte e Basilicata.

Ora su questa partita serve un cambio di passo – ha dichiarato Tonino Aceti, presidente di Salutequità – per passare da formalismi e burocrazie a veri e propri fatti concreti, in grado di cambiare realmente e in positivo l’assistenza garantita alle persone con malattia cronica. E per farlo serve un finanziamento specifico sfruttando l’opportunità offerta dalla prossima legge di Bilancio” dato che attualmente il Piano non conta su alcun finanziamento. Inoltre, secondo Aceti, è necessario “procedere con un suo aggiornamento viste anche tutte le innovazioni introdotte durante la pandemia e con una relazione del Ministero sul suo stato di attuazione. Quest’ultimi due aspetti erano già previsti nel Piano e in capo alla Cabina di regia”.


Ultimo aggiornamento: 23 Settembre 2022

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